In una foresta meravigliosa, dove gli alberi facevano il solletico al cielo, viveva un capibara morbido e tenero di nome Alessandro. La sua pelliccia era come il miele caldo al sole e i suoi occhioni erano dolci come due grossi chicchi di cioccolato.
Un giorno, mentre Alessandro mordicchiava tranquillamente un’insalata di erbe fresche, sentì un rumore! BRUM! BRUM! Era forte e spaventoso, come un drago che russa. Gli uccellini volarono via e i coniglietti, spaventatissimi, corsero da lui: “Alessandro, che succede? Che succede?”
Alessandro sollevò il nasino e annusò l’aria. “Qualcosa non va,” disse. “Vado a vedere. Aspettatemi qui.” E si avventurò verso il rumore, mentre il suo cuoricino batteva come un tamburino.
Nella parte della foresta dove di solito regnava il silenzio, c’erano grandi mostri di metallo! Brontolavano e masticavano gli alberi, CRAC! CRUNCH! lasciando dietro di loro un mucchietto di tristezza.
“STOP!” gridò Alessandro. “Perché siete così cattivi con gli alberi? Gli alberi sono i nostri amici!”
Gli uomini sui mostri di metallo si fermarono e guardarono quel capibara coraggioso. “Siamo qui per portare via gli alberi” dissero. “È il nostro lavoro.”
Ma Alessandro scosse la testolina. “No, no, no! Questo non è giusto! Gli alberi ci regalano l’aria per respirare e sono la casa di uccellini e scoiattoli. Senza gli alberi, dove andranno a giocare i coniglietti e le farfalle?”
Uno dei mostri di metallo si avvicinò minaccioso: VRRM! VRRM! Alessandro saltò su un sasso e disse, “Se dovete lavorare, lavorate con noi, non contro di noi! Possiamo far crescere la foresta insieme!”
Il capo degli uomini, che si chiamava Severino, scese dal Mostro di Metallo e si avvicinò ad Alessandro. “E come pensi di fare, piccolo capibara?”
Alessandro pensò con la sua testolina da capibara saggio e poi disse con voce chiara e forte: “Insegnateci a usare queste vostre cose brontolone senza far piangere gli alberi, e noi vi mostreremo come la foresta può cantare!”
Severino si grattò la testa, incuriosito dalla sfida. “Bene, Alessandro, dimmi il tuo piano,” disse Severino, piegandosi per essere all’altezza del piccolo capibara.
“Primo,” esclamò Alessandro, “dobbiamo piantare nuovi alberi ogni volta che ne tagliate uno. Così la foresta non smetterà mai di crescere!”
Severino annuì, “Giusto, piantiamo alberi nuovi. E poi?”
“Secondo,” continuò Alessandro, “Dobbiamo pulire il fiume! L’acqua deve cantare pulita, senza schiuma o olio, che fa scivolare via i pesciolini.”
“E come faremo?” chiese Severino, ora genuinamente interessato.
“Con magie speciali!” esclamò un coro di ranocchie, saltando fuori. “Useremo piante che amano l’acqua per succhiare via la bruttura e filtrare il fiume!”
Severino rise. “Magie speciali, eh? Le piante purificatrici! Bene, accettiamo l’aiuto delle vostre magie.”
“E terzo” concluse Alessandro, “Dobbiamo ascoltare la foresta. Lei ci dirà se stiamo facendo bene!”
Severino si alzò: “Capibara, accetto il tuo patto. Mi hai insegnato a vedere la foresta con occhi diversi e io insegnerò ai miei uomini a lavorare con rispetto.”
Nei giorni successivi, la foresta si trasformò in un cantiere di gioia. Gli uomini piantavano alberi nuovi e le ranocchie dirigevano la pulizia del fiume, mentre gli uccellini e le farfalle sorvegliavano i lavori, cantando canzoni di approvazione.
Una mattina, mentre Alessandro e Severino piantavano l’ultimo albero, il Sole lanciò raggi d’oro tra le foglie e il fiume mormorò un grazie che solo il cuore poteva sentire. “La foresta sta cantando!” esclamò Severino. “Hai ragione, Alessandro, lavorando insieme possiamo fare magie.”
E così, con ogni nuovo albero e ogni goccia d’acqua pulita, la foresta ringraziò con il suo canto più dolce. E Alessandro, il capibara saggio, sapeva che aveva fatto giustizia. Ora la foresta cantava anche grazie agli uomini, che si unirono agli animali in un unico grande coro di felicità.
Morale: Quando ascoltiamo la voce della natura e lavoriamo con rispetto, possiamo fare magie che aiutano il mondo a crescere sano e felice, proprio come la foresta che canta grazie all’amicizia tra un capibara saggio e un uomo che ha imparato ad ascoltare.
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